Nel settimo capitolo della nostra rassegna il Lighting designer Alexis Croft scrive della sua esperienza come Stage Lighting Designer per il gruppo Gorillaz.
Nel linguaggio teatrale e musicale il Lighting Designer è colui che definisce il modo in cui la platea assiste ad una esibizione dal vivo.
Se ci riflettiamo, possiamo vedere solo ciò che è illuminato. Ciò che non vediamo non è illuminato ed è il Lighting Designer che compie la scelta tra ciò che non viene illuminato, ciò che viene illuminato e come lo si illumina. Così, che si parli di Shakespeare o di rock’n’roll, dietro alle quinte c’è un creativo che aiuta la platea a cogliere la storia “rivelando” tramite la luce quello che sta vedendo.
Illuminazione: tutta una questione di messa a fuoco
E’ tutta una questione di messa a fuoco. Non mi riferisco tanto al trovarsi in cima ad una scala e scottarsi le dita mentre si cerca di posizionare lo schermo paraluce secondo la giusta angolazione (sebbene anche questo sia importante!). Per me l’illuminazione come forma d’arte consiste nel vedere ciò che vuoi, quando e dove vuoi. Prendiamo ad esempio una conferenza aziendale in una grande sala con una platea di circa 600 persone, un ampio set ed un solo presentatore sul palco. Perché quella persona possa catturare l’attenzione della platea bisognerà dominare il palcoscenico. Un buon impianto permetterà certamente di sentire quanto viene detto ma ugualmente ci sarà bisogno di illuminare la persona con la giusta luce. Se il presentatore si perde in un set pieno di colore, schermi e oggetti di scena la platea perderà contatto con lui ed il messaggio chiave andrà perso.
Quello che cerco sempre di ottenere è un equilibrio tra palcoscenico, platea e tutto ciò che sta intorno. Tutti questi elementi devono essere illuminati correttamente di modo che l’occhio venga condotto dove è l’azione e naturalmente questo varia continuamente: dall’entrata in scena, al discorso inaugurale del presentatore ai video nel corso dell’evento. Non è importante solo creare un senso di messa a fuoco sul presentatore ma anche far sentire la platea come parte dell’evento. Se l’intero spazio verrà illuminato in maniera corretta le persone “crederanno” a quanto potranno vedere e ascoltare.
Fortunatamente per l’ album successivo, Plastic Beach, ho potuto avere un approccio più convenzionale ed illuminare la band con più libertà. Anche questa volta, però, con ancora così tanti artisti sul palcoscenico e un così grande palcoscenico - si trattava di un tour nelle arene - mantenere la messa a fuoco restava un problema. Il tour aveva un tema nautico così creai questo grande sistema di tralicci che sembrava la bocca di uno squalo con la band che suonava all’interno. In base alla canzone che veniva eseguita la bocca dello squalo poteva trasformarsi nella parte frontale di una grande nave con i differenti tipi di illuminazione da me creati. Altre volte, semplicemente, tutte le luci erano spente ed usavo solo un seguipersone insieme alle bellissime immagini video. Fu uno show fantastico e vincemmo il premio TPI per la migliore produzione live quell’anno.